Comincio col dire che non furono i Cristiani i primi uomini a domandarsi come tutto ebbe inizio ed infatti, oltre che nella Bibbia, c’è una Genesi anche in Mitologia.
A parlarcene è Ovidio nella Metamorfosi:
Il figlio di Giapeto, intrisa la terra vergine con l’acqua di un fiume, la plasmò a immagine degli Dei che reggono l’Universo. E mentre gli animali tutti li aveva creati con lo sguardo rivolto verso terra, all’uomo concesse un viso eretto in modo che potesse mirare il cielo e volgere lo sguardo verso le stelle.
In realtà il Titano Giapeto di figli ne aveva ben due, Prometeo che oltre a voler significare “previdente” vuol dire “colui che riflette in tempo” ed Epimeteo, cioè “colui che riflette in ritardo” e, a dirla tutta, dobbiamo ringraziare quest’ultimo se all’uomo non vennero forniti i giusti mezzi di sostentamento. A sentire Platone però non fu tutta colpa sua poiché il Supremo, nel distribuire tali “ricchezze”, commise l’errore di non rapportarle al numero di esseri viventi e fu così che i primi animali, come l’orso, il leone e la tigre furono particolarmente fortunati mentre gli ultimi, come la pecora, il coniglio e l’uomo lo furono molto meno. L’uomo, in particolare, nacque privo di pelliccia, zanne, artigli, muscolatura e corna (ci penseranno in seguito le donne a fargliene crescere in abbondanza…) ed a nulla valsero le rimostranze di Prometeo, ormai quel che era fatto era fatto.
Fu così che da quel giorno Prometeo decise di aiutare il genere umano diventando per esso una specie di Santo protettore e le cose per un po’ andarono anche bene, ovvero fin quando non gli venne la malaugurata idea di prendersi gioco di Zeus. I fatti si svolsero più o meno così: dovendo donare la metà di un bue al padre degli Dei, Prometeo decise di farne due parti non uguali, quella più voluminosa riempita con ossa e frattaglie e quella più piccola con sola carne e, dulcis in fundo, pensò bene di chiedere a Zeus quale delle due metà gradisse. Prometeo ben conosceva l’ingordigia e l’avidità del Padre degli Dei che senza indugi scelse quella più grande. Inutile dirvi che la delusione lasciò ben presto il posto alla rabbia e fu così che Zeus, per punizione, decise di privare gli esseri umani del fuoco. I tempi che seguirono furono particolarmente duri per l’uomo e tutti gli sforzi di riottenere il fuoco furono vani, Prometeo allora, forse sentendosi in colpa per quanto accaduto, decise di rubare una scintilla a Febo che tutte le mattine con il suo carro portava il Sole in cielo, per farne dono all’uomo. Appena Zeus si accorse che il fuoco, a sua insaputa, era tornato sulla Terra si adirò ancor di più ed appreso l’inganno di suo figlio Prometeo decise di punirlo in modo esemplare. Di fatto lo considerò un traditore della propria stirpe! Incaricò quindi il fabbro Efesto (detto l’Ambidestro) e due suoi assistenti, Dominio e Terrore, di incatenare Prometeo su una vetta in Caucaso dove di giorno il sole l’avrebbe arso e di notte un’aquila avrebbe fatto scempio del suo corpo mangiando il suo fegato (naturalmente quest’ultimo sarebbe ricresciuto di volta in volta rendendo il supplizio eterno).
Anche i mortali però meritavano una punizione e fu così che Zeus comandò ad Efesto di impastare della creta con l’acqua per creare un mostro di amabile presenza che somigliasse alle Dee immortali, in parole povere gli commissionò di creare Pandora. Per farla poi accettare dai mortali, pensò bene di donarla in moglie ad Epimeteo che naturalmente acconsentì di buon grado. Come dono di nozze Zeus, confidando nella curiosità del genere umano, regalò loro il famigerato “Vaso di Pandora” con la raccomandazione di non aprirlo, cosa che invece fecero e dal vaso uscirono tutti i mali possibili che ancor oggi ci tormentano.